“Poiché l’elevamento dei popoli e degli stati dipende dall’osservanza di quel diritto universale che è dettato dalla ragione, noi Eleonora, per grazia di Dio giudicessa d’Arborea, affinché la giustizia sia salva, i malvagi siano frenati dalla paura delle pene e i buoni possano vivere in pace, obbedendo alle leggi, facciamo questi ordinamenti.”
Questa l’introduzione della Carta de Logu, codice delle leggi del Giudicato d’Arborea (che in quel momento storico s’estendeva a quasi tutta la Sardegna), emanata nel 1300 e rimasta in vigore – con integrazioni – fino all’introduzione del Codice Feliciano dell’aprile 1827.
Molto interessanti le disposizioni su incendi e incendiari, dalla prevenzione degli incendi stessi (artt. 45-49), con precetti ancora attuali (divieto di abbruciamento delle le stoppie prima del giorno di S. Maria chi est a die octo de capudanni, cioe’ l’8 di settembre, art 45), e sulle pene da infliggere agli incendiari, ai singoli malfattori o ai villaggi interi (qualora non avessero acciuffato l’incendiario).
Tra i vari articoli, particolare quello dedicato a chi metteva fuoco “a bingia” (alle vigne) o “at ortu“ (termini ancora molto diffusi nel Campidano): l’incendiario veniva infatti chiamato al risarcimento del danno, se non fosse stato in grado di farlo, pagava con il taglio della mano destra. Con il rogo chi metteva fuoco alle case.
Senza giungere a questi eccessi, quali pene dovrebbero essere irrogate a chi volontariamente provoca incendi, distruggendo il nostro patrimonio ambientale e mettendo in pericolo le nostre vite?
Domanda attualissima per ogni delinquenziale estate di fuoco.
Lunedi 24 giugno 2013 a Golfo Aranci sono andati a fuoco circa 500 ettari fra Cala Moresca e Capo Figari, area tutelata con vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), sito di importanza comunitaria (direttiva n. 92/43/CEE), un gioiello naturalistico impreziosito da splendide calette e dalla presenza di fauna di primario interesse come il Muflone (Ovis orientalis musimon).
Secondo notizie stampa, l‘indagato (un ragazzo di 23 anni, pare in cura per disagio psichico) avrebbe confessato.
Oltre alle solite polemiche sui ritardi dell’intervento degli aerei antincendio, c’è da tener presente che sembrerebbero non esser state fatte le obbligatorie pulizie dei terreni pubblici e privati (prescrizioni regionali antincendio 2013), ma una domanda sorge spontanea e prepotente: a chi ha incendiato volontariamente questo straordinario patrimonio ambientale cosa dovremmo fargli?
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra
da La Nuova Sardegna, 26 giugno 2013
L’incendio di Golfo Aranci. C’è un indagato per il rogo. In fumo 500 ettari. Il sindaco: troppi ritardi. La Protezione civile: Canadair tempestivi. Guido Piga
GOLFO ARANCI. Aveva un volto: quello immortalato dalle telecamere del comune di Golfo Aranci nella zona in cui lunedì è partito il rogo che ha distrutto 500 ettari tra Monte Ruju, Capo Figari e Cala Moresca. Da ieri sera a quei fotogrammi corrisponde un nome: quello di un ragazzo di 23 anni, golfarancino, indagato per incendio doloso. Avrebbe confessato ai forestali, assistito da due avvocati, di essere stato lui ad appicare le fiamme. «Stiamo ancora lavorando. Sulla conclusione dell’indagine siamo molto, molto fiduciosi» dice Giancarlo Muntoni, capo del corpo forestale di Tempio. Poi ammette che le telecamere «sono risultate decisive». In tutti i sensi. Perché non solo una telefonata allunga la vita, come recitava uno spot: anche le immagini. Ieri pomeriggio due cittadini di Golfo Aranci hanno passato alcune ore brutte: erano loro i sospettati principali dell’incendio. Sono stati sentiti a lungo dagli investigatori, insieme ad un’altra decina di persone. E, alla fine, sono stati scagionati proprio dalle riprese delle telecamere installate in via Marconi, punto in cui l’incendio è partito, alimentato da un maestrale con punte di 60 chilometri all’ora. Non erano loro quelli ripresi nella zona poco prima che divampassero le fiamme. Incubo finito. Quello che comincia per l’indagato. Perché ha appiccato il fuoco? Ha fatto tutto da solo o ci sono dei complici? Domande pesanti; come pesante è, se confermata, l’accusa a suo carico. Quella di una devastazione apocalittica. Ieri il sindaco di Golfo Aranci Giuseppe Fasolino ha passato la giornata a fare la conta dei danni, andando più volte a Capo Figari per controllare, dall’alto, lo sfregio prodotto dall’incendio. «Quello che non ha fatto il vento, l’hanno fatto la notte e l’ennesimo ritardo dei Canadair» attacca. Il fuoco, domato in parte lunedì sera, ha ripreso a camminare alle 4 del mattino successivo, quando i mezzi aerei non potevano alzarsi in volo. Al maestrale si è sostituito il libeccio, e così Capo Figari, inizialmente risparmiato, è stato attaccato quasi fino all’ex vedetta di Gugliemo Marconi. «Alle 6 di ieri – dice Fasolino – un Canadair è arrivato da Olbia, ma dopo solo mezzora ha dovuto far rientro all’aeroporto, pare per un guasto. Mi sono mobilitato, chiamando il presidente della Regione. Cappellacci ha sollecitato la Protezione civile nazionale perché inviasse a Golfo Aranci un altro Canadair, che è arrivato alle 8,30. Purtroppo è l’ennesimo ritardo». Da Roma, la struttura di Gabrielli accetta malvolentieri le accuse: «I mezzi aerei si muovono quando la situazione lo richiede: e, dati alla mano, possiamo dire che siamo stati tempestivi. Invece, ci sembra di capire che sia mancata la prevenzione, come la pulizia delle aree non edificate». “La Nuova” è in grado di ricostruire i tempi delle operazioni: l’incendio è stato segnalato alla base sul Limbara alle 14,42 di lunedì, l’intervento del Canadair è stato richiesto alle 15 e il mezzo, che era già in volo verso la Sardegna dell’interno, è intervenuto alle 15,27. Quindi 45 minuti dopo. Tardi? Presto?
I danni. Oasi naturalistica ridotta in cenere. Tutta l’area è sottoposta a vincoli rigidi. Fasolino: «Subito via alla riforestazione».
GOLFO ARANCI Quello che tutti chiamavano un paradiso, con una terminologia più turistica che letteraria, è un girone infernale. Allo smeraldo del mare di Cala Moresca, lì sotto, qui sopra, a Capo Figari, non fa più da specchio il verde dei ginepri né della piccola macchia mediterranea. È tutto nero, e al profumo fresco della brezza marina si è sostituito quello acre del fuoco. Il contrasto tra quello che era e quello che è, tra la forza della natura e quella distruttiva dell’uomo – perché di incendio doloso si tratta, non ci sono più dubbi – è travolgente. «Come è stato possibile?» si chiede il sindaco di Golfo Aranci Fasolino. «È un danno dolorosissimo, per noi» dice. Ma oggi tutti si sentono golfoarancini. Tutti stanno dando una mano per limitare l’impatto dell’incendio, per cancellare una ferita che, per rimarginarsi, richiederà anni. «Ringrazio tutti quelli della Gallura che si sono fatti vivi o avanti per darci conforto, in particolare quelli di Olbia» aggiunge il sindaco. Il cui unico obiettivo è ora quello di riportare tutto indietro nel tempo, a prima delle 14,43 di lunedì, quando il rogo è partito. Quell’area, almeno 500 ettari, è in parte dei privati: appartiene alla famiglia Tamponi. Ma è vincolata: nessuna costruzione poteva essere realizzata lì, meno ancora adesso. Quello che ha in mente Fasolino è di chiedere aiuto alla Regione, allo Stato, perché possano essere avviata una riforestazione. Perché la bellezza del paesaggio torni a risplendere, semplice e potente. Capo Figari è come Tavolara, come La Maddalena, solo per citare due casi. Un luogo delicato, con un ecosistema che permette ai mufloni, specie in via d’estinzione, di sopravvivere. «Abbiamo fatto il censimento pochi mesi fa: ne abbiamo individuato 80 a Capo Figari e 20 a Figarolo. Non sappiamo ancora se qualcuno è stato ucciso dall’incendio. Ma dobbiamo fare in modo che la colonia non si estingua» spiega il sindaco. C’è poi la storia, che qui ha un suo peso. Sulla cima di Capo Figari c’è l’ex stazione in cui Marconi inaugurò le comunicazioni radiofoniche, e che ogni anno è metà di molte visite. E c’è, a Cala Greca, il cimitero degli inglesi, con le croci celtiche,in cui è sepolto anche un marinaio di Bristol morto di malaria nel 1887. Il fuoco l’ha risparmiato, ma tutt’intorno è un cimitero della natura.
Incendio a Golfo Aranci, il piromane indagato confessa. Il giovane, 23 anni, che soffrirebbe di problemi psichici, avrebbe ammesso le sue responsabilità dopo alcune ore di interrogatorio. Si sospetta che abbia appiccato altri roghi.
(foto da La Nuova Sardegna, J.I., archivio GrIG)